Facciamo due chiacchiere con Suor Natalina, da più di 50 anni in Repubblica Democratica del Congo, al fianco dei più vulnerabili. L’occasione per farci raccontare l’attività del foyer Ek’abana, la casa delle bambine in swahili, che con Helpcode portiamo avanti dal 2016.
Il Foyer Ek’abana, con cui collaboriamo dal 2016, è nato nel 2002 a Bukavu, un’area urbana nella regione dei Grandi Laghi. In quel periodo Suor Natalina, in Congo già da diverso tempo, si stava occupando di alfabetizzazione. Un giorno, di punto in bianco si è trovata a dover gestire 9 bambine che vivevano in strada, vicino al lago dove abitualmente stavano le persone disperate, grandi e piccini, che tiravano su da terra chicci di riso e fagioli caduti dalle piroghe che arrivavano sulla riva.
A seguito di eventi negativi che avevano colpito le famiglie (morti, malattie) quelle bambine erano state accusate di stregoneria e per questo allontanate, con quell’accusa infame a gravar su di loro.
Quella notte Natalina ha dato loro una casa ed è così che è nato il Foyer, che da allora ha accolto quasi 1.000 bambine.
Da dove arrivano le bambine e i bambini che ospita oggi il Foyer?
Negli anni le emergenze che hanno colpito i bambini sono state molte.
Ancora oggi, più della metà degli ospiti di Ek’abana sono bambine accusate di essere streghe (pratica illegale ma purtroppo ancora diffusissima), mentre gli altri sono bimbi abbandonati dai genitori o di cui nessuno può prendersi cura. Vengono affidati a noi dal Tribunale o raccolti per strada dalla Polizia.
Quali sono le relazioni con le famiglie di questi bambini?
Alcuni genitori portano da noi i bambini perché vivono in condizioni di estrema povertà. Pe esempio ci sono delle mamme sole, che ci affidano il loro figlio o la loro figlia per un periodo di tempo, in modo da avere la possibilità di rimettersi in piedi. Talvolta concediamo loro un piccolo credito per avviare qualche attività in modo da diventare economicamente autosufficienti prima di prendere nuovamente con sé il bambino o la bambina. In altri casi si tratta di donne affette da malattie psichiche, che quindi non sono in grado di prendersi cura dei propri figli. Il contatto con la famiglia d’origine viene tenuto vivo con incontri periodici che hanno anche l’obiettivo (quando è possibile) di reintegrare i bambini in famiglia.
Come trascorrono la giornata gli ospiti del centro?
Le bambine che abitano al centro si alzano presto, verso le 5.30/6. Ognuna ha il suo compito per contribuire a portare avanti ‘la casa’. Le più grandi, infatti, sono un punto di riferimento e un aiuto per le più piccole. Dopo la colazione, partono per andare a scuola. Di solito si tratta di una passeggiata che dura da quaranta minuti a un’ora. Alcune vanno a scuola, altre, quelle che sono rimaste indietro con gli studi, vanno nei centri scolastici dedicati. I più piccoli invece restano nel centro dove è presente un’aula di scuola materna.
Nel pomeriggio, le attività che si svolgono sono tante: si intrecciano le borse, si impara a cucinare, si fa bricolage, si fanno dei giochi tutti insieme, si studia e c’è la danza, che piace tanto alle bambine.
Ci puoi raccontare degli ultimi bambini che sono stati accolti e di una delle storie che ti ha colpito?
Solo negli ultimi sei mesi sono arrivati 3 bambini che si sono persi. In alcuni casi, quando i bimbi sono in grado di parlare, grazie alle informazioni che ci forniscono, diffondiamo dei messaggi via radio per cercare i genitori. C’è stata una bambina che ci ha raccontato che sua mamma vendeva le cinture in uno specifico mercato, così dopo diversi tentativi e vari mesi, siamo riusciti a riportarla da lei, che non si dava pace per aver perso la sua bambina. È stato un momento davvero toccante per noi, ma ogni bambino ha la sua storia e anche se non riesce a raccontarci il suo passato, inizia una nuova vita insieme a noi.
Grazie Natalina per tutto quello che fai e per averci portato oggi la tua testimonianza!