Chissà se arriveranno. Tutte le volte che si fanno donazioni (soprattutto di soldi) ci si chiede se gli aiuti arriveranno a destinazione. Se si perderanno (anche metaforicamente) per strada o se invece arriveranno davvero nelle mani delle persone che vorremmo aiutare.
E’ cosi anche per i beni, ma quando la destinazione è in un posto difficile, per certi versi inaccessibile ai controlli, la domanda è ancora più vera.
Così portare materiale sanitario, di soccorso ed igienico nei campi profughi in Libia è una vera sfida. Non è che puoi caricare un camion, fare i documenti di trasporto, e andare a consegnare. No la preparazione è molto più lunga. Ci sono tanti confini interni presidiati da truppe armate. Si attraversano zone molto povere e violente dove uomini e mezzi sono fermati e assaliti. I materiali non sono solo utili ma anche potenziale merce da vendere nei mercati.
Vi ricordate come è organizzata la Libia di oggi: C’è un governo di Unità Nazionale, che è riconosciuto dalle Nazioni Unite, e quindi anche dall’Italia. Poi c’è il territorio che è solo in parte controllato, con porzioni di città, quartieri, zone di confine e strade, che sono in mano a bande locali.
E’ in questo contesto che opera Helpcode: a marzo abbiamo fatto la prima distribuzione di materiale in un campo di detenzione di migranti in Libia.
Il 24 maggio Helpcode ha svolto la prima operazione di consegna di aiuti umanitari nel campo di detenzione di Tajura, una zona di Tripoli. E per controllare, la consegna è stata guidata dal satellite.
Abbiamo effettuato il primo test, in collaborazione con Airbus Defence and Space, un’organizzazione di servizi satellitari. Il satellite era posizionato su Tajura e grazie alle immagini che ci ha trasmesso abbiamo potuto letteralmente osservare dallo spazio lo stato di sicurezza del percorso che ha compiuto il mezzo fino al suo arrivo a destinazione. C’è stato un ritardo di due ore nell’arrivo del camion a causa di scontri fra le milizie che controllano la strada che porta a Tajura, ma poi tutto è avvenuto secondo programma.
Nel campo di detenzione abbiamo consegnato kit sanitari, coperte, abbigliamento, cuscini, materassi e lenzuola. A differenza di un semplice sistema di rilevamento e tracciamento GPS che monitora gli spostamenti del mezzo, il satellite mostra eventuali situazioni di pericolo o possibile presenza di assaltatori. In caso di emergenza, il percorso può essere deviato attraverso una comunicazione con gli operatori via SMS.
Inoltre nella gestione della consegna abbiamo usato un’applicazione chiamata GINA International che consente di raccogliere dati sul campo per garantire la gestione da remoto delle attività e della sicurezza. Gli operatori devono digitare dei simboli per confermare l’avvenuta consegna, semplificando così il sistema sia di registrazione che di monitoraggio. Tra le altre cose l’applicazione prevede un bottone antipanico che gli operatori possono attivare in caso di pericolo. Eventuali soccorsi possono così entrare subito in azione.
Quindi la tecnologia spaziale e le tecniche di telerilevamento hanno consentito di verificare visivamente che il convoglio che portava l’aiuto al centro di detenzione fosse effettivamente in viaggio e in linea con il programma concordato.
Per individuare il camion nell’immagine satellitare abbiamo applicato diversi accorgimenti come l’acquisizione programmata della “foto” per minimizzare i rischi di perdita dell’immagine per condizioni meteorologiche avverse.
La superficie superiore del camion è stata contrassegnata con un colore o una forma nettamente distinguibili dall’ambiente circostante. E per agevolare la sua individuazione sono stati deposti a terra, durante la fase di consegna della merce, altri elementi visivi che hanno contribuito a contraddistinguere l’area dove si trovava il mezzo in sosta.
Il test è stato completamente coordinato in remoto. Una regia lontana che attraverso lo spazio ha monitorato e guidato gli attori protagonisti verso la realizzazione di un’attività, semplice e banale, in un territorio pacifico, pericolosa e difficilissima in una zona di conflitto.
Italia – Libia attraverso lo spazio. Per consegnare cose che qui da noi (e da voi che leggete) sono talmente comuni da non aver quasi valore. Talmente preziose invece per chi dorme sulla terra con uno straccio come lenzuolo o con uno sputo come unica medicina per le ferite.