Ogni anno, il 19 agosto, il mondo celebra la Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario, istituita dalle Nazioni Unite, per ricordare tutte le persone che operano, spesso in silenzio, nei contesti più vulnerabili. È una giornata che ci invita a fermarci, ad ascoltare le storie di chi, ogni giorno, si prende cura di comunità colpite da conflitti, disastri naturali e crisi, ma anche a ricordare chi ha perso la vita mentre cercava di salvarne altre.
L’obiettivo della Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario è sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni in cui vivono i civili coinvolti in conflitti armati o catastrofi naturali e rendere omaggio a tutti gli operatori e le operatrici umanitarie.
Per questo, in occasione di questa importante giornata, vogliamo condividere tre voci dal campo, tre testimonianze di aiuto umanitario che arrivano dai nostri operatori e dalle nostre operatrici umanitarie attualmente impegnate in Yemen, Mozambico e Ucraina. Sono i racconti di chi lavora ogni giorno per proteggere i diritti dell’infanzia e offrire supporto a bambini, bambine, famiglie e comunità in condizioni di emergenza.
Attraverso le loro parole, proveremo a raccontare cosa significa davvero essere operatori umanitari oggi, e perché, in un mondo sempre più instabile, il loro lavoro non possa essere dato per scontato.
È il 19 agosto 2003 quando un attentato colpisce la sede delle Nazioni Unite a Baghdad, in Iraq, provocando la morte di 22 persone, tra cui l’Alto Commissario per i Diritti Umani, Sérgio Vieira de Mello, e lasciandone ferite più di 150. Questa tragedia scosse profondamente la comunità umanitaria e mise in luce i rischi affrontati ogni giorno dagli operatori e dalle operatrici umanitarie.
Il 19 agosto 2003 segnò una svolta nella storia dell’aiuto umanitario, aprendo una nuova fase fatta di consapevolezza e maggiore attenzione alla sicurezza di chi opera sul campo.
È diventato evidente che anche gli operatori e le operatrici umanitarie possono essere un bersaglio nei conflitti armati. Da quel momento, le Nazioni Unite e molte ONG internazionali hanno rivisto i propri protocolli di sicurezza, sviluppando misure più rigorose per la protezione del personale sul campo. Inoltre, si è aperto un ampio dibattito internazionale sul rispetto del diritto umanitario (o diritto dei conflitti armati) e sulla necessità di garantire l’accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari.
Nel 2008, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito ufficialmente la Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario, scegliendo il 19 agosto per commemorare le vittime dell’attentato a Baghdad e rendere omaggio a tutte le persone che, ogni giorno, si impegnano per salvare vite e offrire protezione a chi si trova in emergenza. È anche un’occasione per ricordare che l’azione umanitaria ha bisogno di protezione, rispetto e sostegno da parte dell’intera comunità.
Di fronte a situazioni di emergenza, l’aiuto umanitario rappresenta spesso l’unica risposta possibile per tutelare i diritti inalienabili delle persone coinvolte nelle crisi, a partire dalle persone più vulnerabili.
Ma cosa si intende davvero per aiuto umanitario? E quali sono le principali attività di aiuto umanitario?
L’aiuto umanitario comprende tutte le azioni messe in campo per offrire supporto e protezione alle persone in situazioni di emergenza, come disastri naturali o conflitti armati, con l’obiettivo di tutelarne la vita e preservarne la dignità. Accanto alla fornitura di beni essenziali, include anche il sostegno all’istruzione, l’accesso a servizi igienico-sanitari e l’assistenza psicologica.
Le attività di aiuto umanitario sono interventi immediati, neutrali e non discriminatori, pensati per rispondere ai bisogni urgenti delle popolazioni colpite, indipendentemente da etnia, religione, nazionalità o opinioni politiche.
Gli aiuti umanitari, in genere, comprendono:
Ogni intervento è parte di una risposta integrata, pensata per restituire sicurezza e speranza a chi si trova in condizioni di vulnerabilità.
Essere operatori umanitari significa lavorare fianco a fianco con le comunità locali, in situazioni complesse che richiedono non solo competenza tecnica, ma anche empatia, pazienza e capacità di adattamento.
Significa affrontare ostacoli logistici, culturali, talvolta anche burocratici o politici, e farlo senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: garantire diritti fondamentali e possibilità di futuro, soprattutto a chi rischia di non averne.
L’operatore umanitario è una figura professionale o volontaria che opera in prima linea per portare assistenza e protezione alle persone colpite da conflitti causati dall’uomo o disastri naturali di diversa entità.
Può essere impegnato in ambiti molto diversi tra loro: dalla distribuzione di beni essenziali al supporto psicosociale, dagli interventi sanitari all’educazione in emergenza fino alla protezione dell’infanzia, alla logistica e al coordinamento con le autorità locali.
Gli operatori umanitari lavorano in contesti ad alto rischio, che richiedono competenza tecnica, capacità di adattamento, coraggio e un profondo rispetto per le comunità coinvolte.
Oggi, circa l’80% dei bisogni umanitari a livello globale è causato da conflitti armati.
Guerre che durano anni — o decenni — e che colpiscono in modo sproporzionato i civili, in particolare bambini e persone vulnerabili. A queste si aggiungono disastri naturali sempre più frequenti e intensi, aggravati dalla crisi climatica, oltre a epidemie, carestie e instabilità politica.
In questo scenario, l’aiuto umanitario resta fondamentale perché spesso rappresenta l’unico sostegno concreto e immediato per milioni di persone che hanno perso tutto: la propria casa, i mezzi di sostentamento, l’accesso ai servizi essenziali, la quotidianità.
Aiuto umanitario e cooperazione internazionale sono strettamente correlati e fanno parte dello stesso impegno per migliorare le condizioni di vita delle persone.
L’aiuto umanitario è una delle tre componenti fondamentali della cooperazione internazionale, insieme alla cooperazione allo sviluppo e alla promozione della pace. Le operazioni di aiuto umanitario rappresentano la risposta immediata a situazioni di emergenza, mentre le altre due dimensioni mirano principalmente a creare condizioni durature di benessere, sicurezza e autonomia.
Per questo, noi di Helpcode – ONG attiva dal 1988 nel campo della cooperazione internazionale – interveniamo anche in contesti di emergenza, per rispondere ai bisogni urgenti delle comunità colpite da conflitti o disastri naturali. In Ucraina, ad esempio, operiamo in un contesto di conflitto prolungato attraverso la costruzione di Hub polifunzionali, spazi sicuri dove bambini e bambine possono continuare a studiare, socializzare e ricevere supporto psicologico.
Accanto all’intervento immediato, accompagniamo le comunità lungo percorsi di ricostruzione, protezione e sviluppo sostenibile, con l’obiettivo di restituire stabilità e futuro. Puoi consultare tutti i nostri progetti in questa pagina.
Non possiamo parlare di aiuto umanitario senza parlare di cooperazione internazionale. È possibile, però, identificare delle differenze tra le operazioni di aiuto umanitario e gli altri interventi nell’ambito della cooperazione internazionale che riguardano tempo, obiettivi e tipologia di approccio.
L’aiuto umanitario è una risposta immediata e temporanea a situazioni di emergenza che ha come obiettivo primario salvare vite, fornire beni e servizi di prima necessità e garantire la tutela dei diritti umani. Comprende anche interventi in ambito educativo, sanitario e psicosociale, ed è guidato da principi di neutralità, imparzialità, umanità e indipendenza.
Quando parliamo invece di cooperazione internazionale intendiamo un concetto più ampio, di cui l’aiuto umanitario fa parte, e che si concentra su interventi a medio-lungo termine, finalizzati a promuovere lo sviluppo economico e sociale delle comunità.
In sintesi:
L’aiuto umanitario è fornito da una pluralità di attori, che operano a livello locale, nazionale e internazionale. Tra questi:
Dietro ogni intervento umanitario ci sono volti e storie di persone che, con coraggio e dedizione, operano giorno dopo giorno al fianco delle comunità colpite da conflitti o disastri naturali per ricostruire insieme una possibilità di futuro.
Le testimonianze che ci sono arrivate dai nostri operatori e dalle nostre operatrici umanitarie toccano profondamente, perché esprimono cosa significhi davvero prendersi cura degli altri in contesti fragili e ad alto rischio. Sono voci che raccontano l’aiuto umanitario nella sua dimensione più concreta e, allo stesso tempo, più umana.
In Yemen, Afraa lavora come psicologa al fianco delle comunità segnate da un conflitto che va avanti da anni. Lo fa con empatia e professionalità, creando spazi sicuri in cui i più piccoli possono tornare a giocare, esprimersi e sentirsi di nuovo bambini. Con il suo impegno quotidiano, dimostra quanto anche garantire benessere mentale sia fondamentale negli interventi di aiuto umanitario.
“Vorrei che le persone sapessero che il lavoro umanitario non si limita a distribuire cibo o beni di prima necessità. Comprende anche il supporto psicologico e sociale, che aiuta la persona nel suo insieme.”
Afraa, operatrice umanitaria helpcode in yemen
Nome, ruolo e da quanto tempo lavori con Helpcode?
Mi chiamo Afraa Abdullah Saeed. Lavoro come Psychological Support Officer presso Helpcode da tre anni. Il mio lavoro consiste nel fornire supporto psicologico diretto alle persone che ne hanno bisogno.
Cosa ti ha spinto a scegliere di lavorare con Helpcode?
Ho deciso di unirmi a Helpcode perché credo che il supporto psicologico sia fondamentale nel lavoro umanitario. Molte persone nelle nostre comunità attraversano momenti difficili, e questo tipo di sostegno le aiuta a guarire e a restare forti. Il lavoro di Helpcode include supporto psicologico, sociale ed economico, e questo mi permette di partecipare a diversi progetti che offrono un aiuto concreto.
Quali sono le sfide più grandi che affronti nel tuo lavoro quotidiano e come le gestisci?
Una delle sfide principali è raggiungere le persone in luoghi difficili e talvolta poco sicuri, oltre a gestire lo stress emotivo legato al lavoro. Affronto queste difficoltà costruendo un rapporto di fiducia con le persone che seguo, collaborando strettamente con il mio team e organizzando al meglio il mio tempo per offrire un supporto psicologico efficace.
C’è un progetto o un risultato raggiunto insieme al team di Helpcode di cui vai particolarmente fiera?
Sono orgogliosa di far parte del progetto “Child-Friendly Spaces”, che offre ai bambini colpiti dai conflitti un luogo sicuro e accogliente dove giocare, imparare e guarire. Questo li aiuta a esprimere le proprie emozioni e a superare esperienze difficili. Apprezzo molto anche i programmi che sostengono le famiglie attraverso l’accesso ad opportunità di lavoro e lo sviluppo di competenze professionali, perché migliorano concretamente la loro vita, le rendono più indipendenti e contribuiscono al loro benessere mentale e sociale.
Cosa vorresti che le persone sapessero sul lavoro quotidiano degli operatori umanitari?
Vorrei che le persone sapessero che il lavoro umanitario non si limita a distribuire cibo o beni di prima necessità. Comprende anche il supporto psicologico e sociale, che aiuta la persona nel suo insieme. Chi lavora in questo settore affronta molte sfide, e per farlo deve essere flessibile, paziente e realmente motivato ad aiutare gli altri. Il supporto psicologico è fondamentale perché aiuta le persone a restare forti, a ritrovare la speranza e ad affrontare i problemi in modo autonomo, anche nel lungo periodo.
A Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, Natércio coordina i progetti di Helpcode in un contesto complesso, dove le sfide sono molteplici. Il suo racconto mostra come il lavoro umanitario sia fatto anche di pianificazione, collaborazione e dialogo continuo con le comunità per rispondere in modo efficace a bisogni ed esigenze.
“Un operatore umanitario è come un vigile del fuoco: sempre pronto ad aiutare, anche nelle condizioni più difficili e avverse.”
Natércio, operatore umanitario helpcode in mozambico
Nome, ruolo e da quanto tempo lavori con Helpcode
Nome: Natércio Nazário
Ruolo: Coordinatore Provinciale – Cabo Delgado
Con Helpcode da: 5 mesi
Cosa ti ha spinto a scegliere di lavorare con Helpcode?
In passato ho lavorato nello stesso consorzio con Helpcode come partner. Ho apprezzato molto la dinamicità, la capacità di coordinamento, il lavoro di squadra e l’approccio orientato ai risultati. Tutti questi elementi mi hanno portato a scegliere Helpcode.
Quali sono le sfide più grandi che affronti nel tuo lavoro quotidiano e come le gestisci?
La sfida principale nel lavoro quotidiano è far sì che l’intero team lavori in modo coordinato per raggiungere obiettivi e risultati nei tempi previsti, in un contesto complesso come quello di Cabo Delgado.
La pianificazione congiunta e una comunicazione attiva e trasparente con il personale facilitano il coordinamento su molti fronti.
C’è un progetto o un risultato raggiunto insieme al team di Helpcode di cui vai particolarmente fiero?
Sono orgoglioso di tutti i risultati ottenuti dal team nei diversi progetti. In particolare, il fatto di essere stati riconosciuti come esperti in materia di protezione e violenza di genere (GBV) a livello provinciale mi ha reso orgoglioso del team e di Helpcode.
Cosa vorresti che le persone sapessero sul lavoro quotidiano degli operatori umanitari?
Vorrei che le persone sapessero che il lavoro quotidiano degli operatori umanitari si basa su principi di imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità.
Un operatore umanitario è come un vigile del fuoco: sempre pronto ad aiutare, anche nelle condizioni più difficili e avverse.
Nel sud-est dell’Ucraina, Sonila gestisce progetti educativi e di protezione, anche in aree vicine al conflitto. La sua testimonianza racconta un lavoro quotidiano fatto di adattamento, impegno costante e attenzione ai dettagli, per garantire che bambini e famiglie continuino ad avere accesso a servizi essenziali, nonostante le difficoltà causate dal conflitto prolungato.
“Lavorare in un paese in guerra significa fare i conti con insicurezza, interruzioni continue, problemi logistici, e un forte impatto psicologico sul personale e sui beneficiari.”
Sonila, operatrice umanitaria helpcode in ucraina
Nome, ruolo, da quanto tempo lavori con Helpcode
Mi chiamo Sonila Ymeraj, sono Program Manager per Helpcode in Ucraina. Lavoro con l’organizzazione da un anno e mezzo, e mi occupo di coordinare progetti umanitari nei settori dell’educazione e della protezione.
Cosa ti ha portato a scegliere di lavorare insieme ad Helpcode?
Ho scelto Helpcode perché è un’organizzazione seria, con un approccio pragmatico e centrato sui bisogni reali delle persone. In particolare, ho apprezzato il focus sull’educazione e sulla protezione dell’infanzia anche in contesti di emergenza, come quello ucraino.
Ho scelto di lavorare con loro perché ho trovato un approccio concreto, umano e professionale, unito a una grande capacità di adattarsi ai contesti più difficili, senza mai perdere di vista le persone e la qualità degli interventi.
Quali sono le maggiori sfide che affronti nel tuo ruolo quotidiano e come le affronti?
Lavorare in un paese in guerra significa fare i conti con insicurezza, interruzioni continue, problemi logistici, e un forte impatto psicologico sul personale e sui beneficiari.
In Ucraina operiamo anche in aree vicino alla linea del fronte, con attività come la ristrutturazione di scuole e il supporto psicosociale.
Le difficoltà si affrontano insieme con l’organizzazione e grazie a un team affiatato e competente che condivide gli stessi obiettivi.
C’è un progetto o un risultato raggiunto insieme allo staff di Helpcode che ti rende particolarmente orgogliosa?
Sì, sono orgogliosa del fatto che siamo riusciti a garantire la continuità delle nostre attività nel paese, nonostante il contesto molto instabile. Abbiamo ottenuto risultati concreti, raggiunto comunità vulnerabili e costruito interventi sostenibili.
Ma quello che conta di più per me è il lavoro di squadra: abbiamo formato un team solido, con un buon clima interno, e questo fa davvero la differenza nella riuscita dei progetti.
Cosa vorresti che le persone sapessero del lavoro quotidiano degli operatori umanitari
Vorrei che fosse chiaro che è un lavoro vero e proprio, non un’attività volontaria. È una professione complessa, che richiede competenze tecniche, pianificazione, gestione, ma anche una forte capacità di adattamento.
Si lavora spesso in condizioni difficili, a volte senza elettricità, in situazioni di emergenza e lontano dalla propria famiglia. In più, c’è una grande responsabilità nei confronti delle persone che si serve: ogni decisione può avere un impatto diretto sulla vita delle comunità locali. Non è semplice, ma se fatto con serietà, è un lavoro che dà senso e ti fa crescere.