Mozambico, un delicato equilibrio: la testimonianza di Antonio. 

Secondo lo United Nations Development Programme, il Mozambico è uno dei Paesi più poveri del mondo. Negli ultimi mesi, ai problemi cronici che pesano sulla popolazione, si sono aggiunte le numerose proteste e i disordini, a seguito delle elezioni presidenziali.  

A metà gennaio abbiamo avuto occasione di intervistare Antonio, collega mozambicano che lavora con Helpcode come Responsabile del settore formazione da più di 15 anni, e che vive nella capitale, una delle città maggiormente colpite dalle ondate di protesta. Dal suo racconto emerge un contesto di incertezza, dove portare avanti il lavoro della nostra Organizzazione è complesso, ma ancor più necessario. Al momento della pubblicazione di questo articolo, la situazione è relativamente più tranquilla, le manifestazioni di protesta sono diventane sporadiche e più localizzate, come riporta il collega. Rimane tuttavia la percezione di sfiducia verso le istituzioni da parte della popolazione, e di grande incertezza rispetto al futuro. 

INTERVISTA REALIZZATA IL 31/01/2025  

Buongiorno Antonio, come stai? Qual è la situazione attuale a Maputo? 

Ciao Sara, io sto bene, per quanto possibile. 

A Maputo si vive attualmente un momento di grande tensione e ansia. Si è instaurato un clima di totale incertezza a causa di eventi politici e sociali estremi che hanno chiaramente cambiato il nostro modo di vivere. Viviamo in un ambiente di paura. Le nostre case non sono più considerate i luoghi più sicuri. Anche le strade sono diventate pericolose, soprattutto per chi deve uscire molto presto per andare al lavoro, intorno alle 4-5 del mattino, e tornare tardi, verso le 20-21. La gente vive praticamente con i nervi a fior di pelle. Si nota nelle strade, nei mercati, nei trasporti pubblici e in altri spazi comuni. La tendenza è di reagire a tutto con manifestazioni violente. Queste reazioni quasi sempre terminano in scontri con la polizia, causando feriti gravi e persino la perdita di vite umane. 

Un altro fenomeno deplorevole è che, dopo la distruzione e i saccheggi di negozi, magazzini e fabbriche, soprattutto nella zona di Matola, che ospita il più grande parco industriale del Paese, la disoccupazione è aumentata, portando a un incremento della criminalità nelle aree urbane. La maggior parte dei crimini è commessa da giovani tra i 17 e i 22 anni, che sembrano non comprendere la gravità di quello che succede, arrivando ad aggredire o addirittura uccidere per rubare un semplice cellulare o per pochi soldi.  

Attualmente le manifestazioni avvengono in modo isolato e spontaneo, ma si attendono i primi 100 giorni di insediamento del nuovo governo per capire quali saranno le nuove posizioni dell’opposizione.  

Non sappiamo con certezza cosa potrà accadere, ma è come se ci fosse una polveriera nel mezzo della città, pronta a esplodere in qualsiasi momento. 

Quali sono le principali difficoltà che hai affrontato o stai affrontando a causa delle tensioni delle ultime settimane? 

Le manifestazioni hanno creato un clima di instabilità e incertezza che ha colpito diversi aspetti della mia vita. 

Prima di tutto, c’è l’impatto psicologico di queste tensioni. Essere costantemente esposti a notizie di violenze e scontri tra la polizia e la popolazione genera ansia e preoccupazione. L’incertezza sul futuro e la sensazione di insicurezza dominano il mio stato d’animo quotidiano. Nei momenti più critici, e nei giorni in cui abbiamo dovuto, come tutti, chiudere gli uffici, ho persino pensato che sarei potuto arrivare a perdere il lavoro. Inoltre, mi rattrista vedere i miei figli (Antonio ha 3 figli, due ragazze e un ragazzo di 22, 13 e 8 anni, ndr) crescere in questo clima di tensione e in alcuni periodi senza poter andare a scuola. Penso spesso a come tutto ciò possa influenzare negativamente il loro futuro. 

Anche la mobilità nelle aree urbane più colpite è diventata una sfida. Spostarsi per andare al lavoro o svolgere attività quotidiane è stato complicato da blocchi stradali, scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, e dalla mancanza di trasporti pubblici. Ciò ha reso la mia routine più stressante e frustrante. 

L’economia locale ha subito un duro colpo. Molti negozi hanno chiuso per insicurezza o a causa di atti vandalici, rendendo difficile l’acquisto di beni essenziali e facendo aumentare i prezzi a causa della scarsità di prodotti. 

Un altro problema è l’intolleranza politica. Discutere di politica è diventato inevitabile, e spesso le opinioni divergenti portano a tensioni che danneggiano i rapporti tra le persone. Questo crea un forte disagio, soprattutto per chi preferisce rimanere neutrale. 

La situazione ha avuto un impatto diretto sulle attività della nostra organizzazione? Se sì, in che modo? 

Ci sono state delle conseguenze per noi, ma il lavoro è proseguito. Più volte gli uffici sono stati chiusi o hanno funzionato solo parzialmente. Per garantire la continuità del lavoro, il personale ha lavorato da casa a causa dei blocchi stradali. 

Sono stati posticipati alcuni programmi di formazione e sensibilizzazione nelle scuole e comunità, e alcune iniziative nei campi agricoli sono state cancellate o riprogrammate. 

Un altro problema è stato il ritardo nella raccolta delle lettere e delle foto per il Natale 2024 (destinate ai genitori a distanza che sostengono i bambini del nostro programma, ndr), dovuto alla chiusura delle scuole e alla sospensione delle attività. Anche i nostri operatori hanno avuto difficoltà a raggiungere i bambini sostenuti, nonostante numerosi tentativi. 

Nel tuo lavoro quotidiano, ci sono state ripercussioni o cambiamenti? 

Sì, molte attività sono state rinviate o modificate. Per esempio, l’organizzazione ha evitato di distribuire beni per il rischio di atti di vandalismo nei punti di distribuzione. 

Anche alcuni progetti edilizi sono stati interrotti o ritardati a causa delle manifestazioni, visto che le imprese non potevano recarsi sul posto a causa delle restrizioni nella mobilità che hanno colpito anche i fornitori di materiali.