Nel 2017 sono calati, seppur lievemente, i fondi destinati alla cooperazione internazionale. I dati, pubblicati ieri lunedì 9 aprile dall’Organizzazione per la Cooperazione allo Sviluppo (OCSE), mostrano per il 2017 un investimento totale di 146.6 miliardi di dollari da parte dei grandi donatori istituzionali, un calo dello 0.6% rispetto al 2016.
Un calo importante soprattutto per alcuni paesi europei e per le istituzioni europee, meno 6.7% rispetto all’anno precedente. Un calo in buona parte dovuto alla riduzione delle spese per sostenere i costi della gestione dei richiedenti asilo all’interno dei confini nazionali.
Una delle grandi questioni al centro del dibattito internazionale riguarda quali costi rientrano all’interno dei budget destinati alla cooperazione internazionale. Per le regole che i paesi membri dell’OCSE si sono dati, i costi per la gestione dei richiedenti asilo all’interno dei confini nazionali rientramp nel budget destinato agli aiuti internazionali. Una valutazione fatta prima dell’inizio delle crisi migratorie che non tiene conto dell’importante incremento di questi costi negli anni recenti. Infatti, solo nel 2016 le spese sostenute per la gestione di migranti e richiedenti asilo arrivò a percentuali altissime per paesi come Austria, Germania Grecia e Italia. Un esempio tra tutti fu la Svezia che nel 2016 si trovò a spendere cifre maggiori in patria piuttosto che nei paesi in cui fa interventi di cooperazione.
Questa situazione è leggermente migliorata, infatti globalmente, nel 2017 i soldi destinati alla cooperazione internazionale spesi all’interno dei confini nazionali ammontavano per il 9.7% del totale, in calo rispetto al 11% registrato nel 2016.
Un altro segnale positivo è l’incremento di circa il 4% (26 miliardi di dollari) dei fondi destinati ai paesi più bisognosi (LDCs Least Developed Countries), anche se siamo ancora lontani dal target dello 0.7% del Reddito Lordo Nazionale che i paesi OCSE si sono impegnati a raggiungere.
Vi sono poi alcuni paesi come Belgio, Francia e Portogallo che vorrebbero far rientrare alcuni costi legati alla sicurezza tra i soldi destinati agli aiuti internazionali. Anche questo aspetto, insieme al ruolo degli investimenti del settore privato, è al centro del dibattito internazionale sulla gestione dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo.