“Quando investi in una bambina, in una ragazza o in una donna, investi in tutta la sua famiglia e anche nella sua comunità. Sono agenti del cambiamento economico e abbiamo il dovere di aiutarle e sostenerle”.
Roberta Pellizzoli, nostra consulente per quanto riguarda le questioni di genere, ha appena concluso una missione in Nepal e in Cambogia, dove ha incontrato il nostro staff locale e visitato i nostri progetti.
Helpcode, nell’ambito del suo riposizionamento, sta riflettendo e lavorando sulle questioni di genere, perché l’equità di genere non sia solo qualcosa di dichiarato sulla carta, ma un lavoro tangibile e concreto in ogni attività che l’organizzazione porta avanti.
È un lavoro che si può misurare? Come stiamo procedendo?
Credo sia importante innanzitutto adottare un approccio “olistico” alla promozione dell’uguaglianza di genere e dell’empowerment delle bambine e delle donne, ovvero integrare questa prospettiva dentro tutti i settori di attività: il sostegno a distanza, i progetti, la comunicazione, e anche dentro la struttura stessa dell’organizzazione.
La questione che poni, come misurare questo lavoro, è cruciale, ed è un elemento importante del dibattito internazionale in corso – sia più in generale sia nel quadro dell’avvio dell’Agenda 2030 in questo ambito.
Nel sostegno a distanza Helpcode deve essere in grado di identificare alcuni elementi chiave da monitorare (specifiche discriminazioni nell’accesso alla scuola, elementi che provocano l’abbandono della scuola da parte delle bambine), anche per capire se ci sono situazioni nelle quali è necessario introdurre delle quote per le bambine sostenute. Attualmente Helpcode in quasi tutti i Paesi sostiene il 50% di bambine e 50% di bambini, ma i dati e il lavoro quotidiano ci mostrano che le discriminazioni contro le bambine continuano ad essere pervasive ed è necessario attivare delle strategie. Nei progetti già utilizziamo gli indicatori internazionali di misurazione dell’uguaglianza di genere e empowerment delle donne e delle bambine, anche se bisogna chiarire che misurare l’empowerment è estremamente complesso, perché si tratta di un processo di cambiamento che parte dal basso, dalla consapevolezza dei propri bisogni e delle proprie capacità.
La formazione sulle questioni di genere nei paesi dove siamo presenti (Mozambico, Zambia, Nepal e Cambogia) si suppone sia un primo passo fondamentale. Come avviene? Come è strutturata?
Durante i momenti di formazione di cui ti stai occupando, che cosa emerge dai partecipanti? C’è grande distanza tra quanto viene presentato e la situazione del paese?
Certo la formazione è fondamentale per l’effettiva implementazione di un approccio “olistico” alla promozione dell’uguaglianza di genere e dell’empowerment delle ragazze e delle donne. La formazione contiene un modulo generale, nel quale vengono introdotti alcuni elementi del dibattito su genere e sviluppo (inclusi i concetti chiave) e il quadro internazionale di riferimento – dedicando particolare attenzione all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che è cruciale per comprendere quali sono le priorità internazionali e, dunque, per elaborare nuove idee e proposte di progetto coerenti con essa.
Poi c’è un modulo calibrato sul Paese, che include sia il quadro normativo di riferimento (i Paesi in cui lavoriamo hanno una legislazione molto avanzata in questo ambito, ma diverse debolezze in termini di effettiva implementazione di queste norme), sia l’analisi dello status delle donne e delle ragazze e delle discriminazioni di genere nell’accesso e permanenza scolastica. In questo senso, un elemento comune a tutti i Paesi è il problema della violenza di genere (sessuale, fisica, psicologica), inclusa quella che avviene nell’ambiente scolastico.
Infine, presento e discuto con il team il documento di posizionamento di Helpcode, cercando di avviare una riflessione su possibili attività future e buone pratiche sulle quali investire.
In Nepal, nella formazione svolta alcune settimane fa, ho proposto attività e momenti di riflessione di gruppo utili anche al team building. Sono state molto positive: ad esempio, abbiamo svolto un focus group separato tra uomini e donne per riflettere sulle discriminazioni di genere che esistono nel contesto in cui si opera, sulle buone pratiche, sugli elementi “positivi” della tradizione e su possibili proposte per combattere queste discriminazioni come Helcpode. Questo lavoro ha portato a una riflessione molto interessante e utile sul fatto che anche dentro lo stesso ufficio esistono elementi di discriminazione che pure non vengono considerati tali da tutti, e abbiamo cercato di comprendere come migliorare l’ambiente di lavoro in modo che tutte e tutti si sentano a loro agio e valorizzati.
Un’altra componente importante delle formazioni è che alcuni dei moduli possono essere “aperti” anche ai partner di Helpcode nei Paesi o alle istituzioni con le quali lavoriamo (ad esempio, in Mozambico, hanno partecipato alla formazione alcuni ufficiali di polizia che operano nel settore della lotta alla violenza di genere) e questo è cruciale sia per “allargare lo sguardo” e tenere in considerazione le diverse esperienze e punti di vista, sia per rafforzare i rapporti con i partner e condividere con loro un obiettivo importante della strategia di Helpcode.
Tu conosci molto bene il Mozambico, ora hai vissuto una nuova esperienza in Nepal e Cambogia, quali sono le differenze sul tema genere in questi Paesi? Andrai anche in Zambia?
Ci sono differenze cruciali legate chiaramente alla diversa storia e situazione politica, sociale ed economica dei Paesi, che influenzano le relazioni di genere. Ma anche all’interno dei Paesi stessi ci sono differenze rilevanti, in particolare se si mettono a confronto le relazioni di genere nei contesti urbani e in quelli rurali.
In Mozambico, ad esempio, il livello di organizzazione delle donne, anche nei contesti rurali, è molto elevato, ed è legato alla storia del Paese dopo l’indipendenza dal Portogallo. Ma mentre nelle zone urbane queste associazioni di donne hanno la capacità e lo spazio per fare richieste alle istituzioni e agli attori chiave – per esempio in materia di protezione dei loro diritti – nelle zone rurali i gruppi devono operare dentro un quadro che è fortemente discriminatorio nei confronti delle donne e far sentire la propria voce è più difficile.
In Nepal invece non esiste una storia così radicata di associazionismo delle donne, ma l’agenda di sviluppo del Paese ha promosso negli ultimi anni l’organizzazione di gruppi di donne nelle comunità rurali per migliorare le possibilità di accesso alla formazione, ai servizi di salute, alle opportunità economiche. Questo livello di conoscenza per Helpcode è importante perché la collaborazione con i partner locali è uno dei punti di forza dell’organizzazione, che è stata in grado di creare una rete di rapporti significativi ai quali ora si devono aggiungere i gruppi di donne.
Ci sono poi anche elementi comuni: il drop-out delle bambine da scuola, specie nel passaggio tra scuola primaria e scuola secondaria, è un problema sia in Nepal che in Mozambico e, in entrambi i casi, è legato, tra altre cause, all’elevata percentuale di matrimoni e gravidanze precoci. Utilizzerò il materiale e le informazioni raccolte nel corso di queste visite in Nepal e in Cambogia per l’elaborazione di un piccolo manuale “pratico” di implementazione della visione di Helpcode sull’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze.
Per il momento non è ancora prevista una visita in Zambia, ma in più occasioni ho già potuto confrontarmi su questi temi con la Rappresentante Paese.