14 e 15 marzo 2019, due date che resteranno indelebili nelle menti della popolazione del Mozambico. Il passaggio del ciclone Idai, un “mostro” della natura, ha lasciato milioni di persone nella disperazione totale e, si stima, almeno un migliaio di morti.
Pietro Ferlito, coordinatore Helpcode della provincia di Sofala, vive a Beira, una delle città più colpite. In questo momento si trova lì con altri membri del nostro staff per coordinare l’emergenza. Questo è il racconto della terribile situazione che si trova sotto gli occhi.
La città di Beira è oggi irriconoscibile: i maestosi alberi, che fino a qualche giorno fa offrivano ombra a case e passanti, sono sradicati; i pali della luce abbattuti a centinaia; le comunicazioni telefoniche interrotte dalla notte del 14 marzo. Non esiste una sola casa risparmiata dalla furia del vento. E la strada nazionale, che collega la città al resto del Paese, è interrotta in più punti a causa dell’esondazione del fiume Punguè. La fornitura di acqua potabile è sospesa e il ripristino dell’energia elettrica è rinviato a data incerta (si parla di almeno 3 mesi).
È anche fortemente sconsigliato ammalarsi visto che l’Ospedale Centrale di Beira funziona a singhiozzo e tutte le attività sono state concentrate nell’unico edificio che è resistito alla furia di Idai. Inoltre, l’ospedale è ormai a corto di medicinali e strumenti (pinze, bisturi, guanti…).
I danni del ciclone Idai nella periferia di Beira.
Tetti scoperchiati dal vento nella periferia di Beira.
Come se non bastasse, dal giorno del ciclone non si è ancora visto un raggio di sole e l’intera regione centrale del Paese continua ad essere investita da forti piogge. Questo, da un lato, aggrava ulteriormente le condizioni di vita della popolazione (la quasi totalità delle case è senza tetto), mentre dall’altro fa temere per la tenuta dei principali fiumi della provincia di Sofala e della Zambezia che potrebbero causare inondazioni catastrofiche in zone densamente popolate (distretti di Caia, Buzi, Machanga, Nhamtanda, Chibabava e Dondo a Sofala, Mopeia, Chinde e Nicoadala in Zambezia).
Allo stesso tempo, i servizi bancari sono interrotti e aumenta così la disperazione: le persone non possono prelevare contanti e acquistare beni di prima necessità, operazione già di per sé piuttosto complicata. La maggioranza dei negozi e supermercati sono, infatti, chiusi; in tutta Beira funzionano solo 4 panifici e, cosa ancor più grave e raccapricciante, il prezzo dei prodotti fondamentali è notevolmente aumentato: un pezzo di pane è passato da 4 a 8 meticais, una candela da 3 a 15 meticais, la farina di mais da 50 a 75 meticais, mentre sono letteralmente introvabili ortaggi e frutta fresca (a eccezione di banane e avocado).
I servizi educativi sono al momento interrotti in tutta la regione centrale perché le scuole sono senza tetto o in condizioni peggiori. Le poche che hanno resistito alla forza di Idai sono usate per accogliere le migliaia di persone rimaste senza casa.
Le condizioni delle abitazioni a Beira.
Nella periferia di Beira, le case sono distrutte.
Se la situazione a Beira è drammatica, nelle zone rurali è disperata. La cittadina di Buzi, situata sull’estuario del fiume omonimo, è alluvionata: il 19 marzo si registrava un metro d’acqua nel centro della città, ma la situazione è destinata a peggiorare ancora perché è imminente l’apertura delle dighe in Zimbabwe. Le persone si stanno rifugiando sugli alberi e sul tetto dello zuccherificio cittadino: la squadra sudafricana che si occupa delle operazioni di salvataggio a Buzi, porta in salvo almeno 40 persone al giorno.
Non esistono informazioni certe dagli altri distretti ma le notizie che circolano non sono affatto rassicuranti: si parla di decine di corpi che galleggiano nel fiume Punguè, una collina è franata a Nhamatanda, diversi sono i ponti caduti.
Al momento, la macchina dei soccorsi è concentrata nella città di Beira e nel distretto di Buzi, ma esiste la consapevolezza che il 2019 sarà un anno terribile per milioni di persone. I raccolti di mais e riso, che costituiscono la base della dieta alimentare per le famiglie mozambicane, sono definitivamente compromessi. Nei prossimi mesi bisognerà far fronte a una crisi alimentare di enormi dimensioni, che in questa regione non si vedeva dagli anni bui della guerra civile mozambicana.
La drammaticità della situazione può essere riassunta dalle parole pronunciate da un rappresentante della Protezione Civile del Mozambico: “…qui è passato l’uragano Katrina, con la differenza che siamo in Africa e non negli Stati Uniti…”. Ogni altra parola è superflua.
Come hai letto dalle parole di Pietro Ferlito, il Mozambico è in ginocchio e ha immediato bisogno di aiuti, a iniziare da forniture di materiali sanitari e igienici. Per questo Helpcode, oltre a essere presente sul territorio con le operazioni di emergenza, ha aperto una raccolta fondi per assicurare alle comunità colpite farmaci, materiale sanitario, indumenti, sapone e tutto il necessario per l’igiene. Solo così è possibile impedire il diffondersi di malattie.
Abbiamo bisogno di te, ora più che mai.